Cosa
significa “educare” oggi?
Breve
riflessione.
Operando
da diversi anni come insegnante
nella scuola primaria avverto la
profonda necessità di affermare che, oggi più che mai, in una società in
perenne trasformazione strutturale e
culturale, come la nostra, sia fortemente avvertita da molti l’esigenza di
“riscoprire” il profondo significato dell’educazione. Una società, la nostra, se
vogliamo, in crisi a causa del crollo rovinoso dei fondamentali valori etici, determinato dalle ideologie materialistiche e
pragmatistiche, che ha portato ad una profonda crisi del ruolo dei genitori, una
società afflitta dal consumismo e dall’edonismo che rischia di ridurre l’uomo
ad un passivo ricettatore di stimoli, ad un essere provvisorio; una società nella quale la domanda di
istruzione e di formazione si è posta già da tempo in maniera pressante e nella
quale urge “la riconquista” da parte della scuola della propria identità
istituzionale educativa.
Il
significato intrinseco della parola educare, come è a tutti ben noto, vuol dire
“trarre fuori” anche se talvolta non tutti lo ricordano, pertanto l’educazione dovrebbe risolversi in una
serie d’azioni atte a promuovere il pieno svolgimento dell’educando, esprimendo
quella somma di valori che sono connaturati al suo essere.
L’educazione
deve essere intesa, a mio avviso, quale proposta di valori capace di
risvegliare le potenzialità emergenti
della persona, non asservita a qualsiasi tipo di metodo o metodologia. Il
fulcro dell’educazione dovrebbe tendere all’espressione della libertà che
favorisce lo sviluppo spontaneo della personalità di ogni individuo, che gli
consente di conquistare autonomia e coscienza sulla base di un nucleo di
identità e di originalità per esprimere compiutamente se stesso. La scuola
deve, quindi, nonostante le scelte di
rigoroso contenimento delle spese, apportate dal Legislatore, non sempre
condivisibili, specialmente se applicate a ciò che è indispensabile al buon funzionamento
del servizio erogato, tener ben presenti alcuni bisogni fondamentali della
persona, tra cui quelli di responsabilità, di solidarietà, di iniziativa, di
coerenza e di rispetto reciproco. Ogni cittadino, quindi, dovrebbe essere posto
nella condizione di avvertire la necessità di compiere esperienze che, in
qualche modo, soddisfino i fondamentali bisogni di sicurezza, di iniziativa e
di autonomia, indispensabili, a mio avviso, per la risoluzione dei difficili
problemi che l’epoca iper-tecnologica pone incessantemente all’uomo moderno. Per
questo motivo ritengo che ogni genitore, ogni insegnante, ogni educatore debba,
con profondo senso di responsabilità, porre un forte accento sulla
valorizzazione e la formazione di ciascun bambino, che deve essere considerato
innanzitutto un uomo ed un cittadino, portatore di un sostanziale diritto e dovere
educativo che gli consenta una partecipazione cosciente e responsabile alla
vita democratica e civile del proprio Paese. Solamente dopo questo
riconoscimento di ordine umano e civile il bambino dovrà essere valutato come
alunno nonché come diretto “utente” del processo educativo. Il riconoscimento
civile, prima che pedagogico, del bambino ha portato, secondo me, come
conseguenza pedagogica immediata la richiesta di un compito di alfabetizzazione
culturale più specifico e più qualificato. Intendo dire che i compiti educativi
devono diversificarsi, nel rispetto della originale personalità degli alunni,
nonostante la presenza delle
innumerevoli difficoltà dell’attuale scuola, per poter arricchire e
potenziare le più svariate occasioni
calibrate ai personali ritmi di maturazione che consentano a ciascuno di
raggiungere traguardi comuni. Per questo motivo ritengo di poter affermare che
ciascun educatore se desidera veramente creare occasioni stimolanti per
suscitare la curiosità nei ragazzi, in modo tale da rendere realmente
“motivato” ogni apprendimento, deve, secondo il mio parere, porsi “in ascolto”
nei confronti di ciascuno di loro, per carpirne “la voce più recondita” dell’anima proprio come si
poneva nei confronti del cavallo impaurito, il protagonista del libro “L’uomo
che sussurrava ai cavalli” di N. Evans. Naturalmente usando questa metafora non
ho inteso assolutamente paragonare i bambini ai cavalli e gli educatori agli
addestratori ma ho cercato soprattutto di evidenziare l’importanza di porsi “in
ascolto” verso l’altro per riuscire a cogliere i bisogni, le necessità, le
emozioni e i pensieri più nascosti. Durante la mia carriera di insegnante ho
avuto modo di sperimentare che, mai come adesso, i ragazzi, “assorbiti” dal
mondo dell’informatica e della telematica, che impegna le loro menti nelle
attività più disparate, di fronte agli schermi dei personal computer e dei
videogiochi per gran parte della giornata, hanno bisogno di essere ascoltati per
essere aiutati a liberare le intrinseche
potenzialità di fantasia e di creatività
presenti in ciascuno di loro in una scuola del “fare” per “capire”. I ragazzi che ho avuto modo di conoscere
durante lo svolgimento della mia professione, spesso, mi hanno fornito
spontaneamente validi suggerimenti nella scelta di adeguate strategie educative
per un proficuo orientamento nei loro processi di apprendimento.
Penso
tuttavia che la attuale scuola affinchè
sia in grado di fornire una valida
risposta istituzionale all’educazione debba essere coadiuvata e supportata
dalla famiglia, la quale svolge un ruolo fondamentale nel processo di
apprendimento dei ragazzi, ma per svariati motivi, negli ultimi anni troppo spesso ha perso la
propria identità educativa.
E’
indispensabile quindi, a mio modesto avviso, che i genitori si riapproprino dei
propri ruoli educativi per sostenere i figli nel processo di “crescita” aiutandoli a superare le piccole
frustrazioni e le sconfitte che spesso incontrano nella vita, infondendo loro
fiducia e stima nelle proprie capacità. Sono
fermamente convinta, quindi, che solo se sapremo veramente ascoltare le
intime richieste dei ragazzi, spesso
celate ai nostri occhi, allora potremo affermare che la scuola, coadiuvata
dall’apporto prezioso ed insostituibile della famiglia derivante da una
collaborazione attiva e costante, sarà
in grado di svolgere un compito rassicurante di educazione intellettuale che
faccia di ogni alunno, una persona consapevole, fiduciosa e aperta all’incontro
ed alla partecipazione attiva alla vita democratica del nostro Paese e di tutta
la Comunità Europea, per divenire libero cittadino del Mondo, capace di
relazionarsi ed interagire correttamente e serenamente con i propri pari.
Cristina Coletta
Complimenti Cristina! Condivido pienamente ciò che hai scritto!
RispondiEliminaTi ringrazio Ida carissima: sei una collega....speciale!!!!!
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